Come ti cambio il salotto, ma anche la piazza. Nuove soluzioni per vivere la nuova normalità
La pandemia ha messo a repentaglio la nostra incolumità e la nostra salute, ma ha anche avuto un grande impatto sui nostri comportamenti, che sono dovuti mutare nel tentativo di adattarsi a una nuova normalità. Mentre alcuni cambiamenti saranno solo temporanei, altri influenzeranno in modo permanente sia le nostre abitudini che il nostro stile di vita.
Durante il lockdown, molte persone hanno progressivamente lasciato i grandi centri urbani manifestando una forte preferenza verso zone verdi e decongestionate, anche fuori città o in provincia. Questa situazione, in Italia, ha in parte rappresentato una soluzione al problema dello spopolamento, che aveva colpito un terzo dei villaggi del Paese, ed è stata motore primo di rinnovamento alla già esistente voglia di reimmaginare le città come luoghi in grado di ospitare una vita più sostenibile e piacevole.
Anche con il previsto arrivo dei vaccini Covid-19, gli Stati di tutto il mondo rimangono consapevoli di quanto siano vulnerabili le nostre società davanti allo scoppio di una pandemia e di come le dinamiche urbane aggravino il rischio della sua diffusione. La domanda è: "come possiamo limitare e prevenire gli effetti di una futura pandemia, prima del suo arrivo?”
La domanda è: "come possiamo limitare e prevenire gli effetti di una futura pandemia, prima del suo arrivo?”.
L’architetto Stefano Boeri, ideatore del Bosco Verticale a Milano, propone un nuovo modo di pensare e usare gli spazi. In Albania, infatti, per 12.000 residenti in Tirana Riverside, ha creato un progetto più sostenibile e più resistente alla diffusione dei virus.
“Al suo interno – dichiara Boeri in Unione Architetti – […] la distribuzione dei principali servizi pubblici intorno a tre sedi centrali disposte a distanza pedonale l’una dall’altra, fa di Tirana Riverside un quartiere policentrico a zero emissioni, contenente tutti i servizi essenziali per i cittadini”.
La pandemia ha dato vita a una nuova cultura per vivere gli spazi, una cultura che favorisce il concetto degli "ambienti sensibili" e massimizza il benessere dei residenti. La casa post Covid-19 deve essere una casa modulare, sicura e connessa.
Ori, un'azienda di mobili robotici, ha recentemente lanciato un nuovo prodotto, il cosiddetto “ufficio tascabile”: è uno scrittoio scorrevole alto quasi un metro e mezzo che, grazie a un semplice “touch”, si espande da una profondità di 30 pollici a una scrivania a grandezza naturale con ripiani portaoggetti e scaffali per i libri. Chiusa, è un'elegante consolle per TV dal design scandinavo; aperta, si divide al centro per creare un angolo ufficio, con una scrivania retrattile su una parete e una scrivania fissa con libreria sull'altra.
Attraverso la digitalizzazione e l’utilizzo della medicina personalizzata, i centri sanitari e gli ospedali faranno parte di una rete di assistenza domiciliare online, basata su un modello di sanità mobile, accessibile dalle case in modo diretto. (Digital & Building Information Modeling Italy).
Gli acquirenti stanno iniziando a chiedere soluzioni abitative all-inclusive, che privilegino sicurezza e benessere. Si tratta di aree comuni di diversa progettualità ma sempre collegate fra loro, di facili accessi a palestre, serre comuni o locker di Amazon.
Possiamo affermare che ci stiamo muovendo verso un nuovo modello di socializzazione, con maggiori collegamenti e maggiore sicurezza. Le case e gli edifici stanno andando oltre il semplice concetto di “spazio abitativo”, essi diventano luoghi il più possibile autosufficienti, completi di servizi e in grado di resistere all'onda d'urto di una possibile nuova pandemia, con conseguenti lunghi periodi di isolamento.