Siamo in pieno Salone del Mobile e di conseguenza Fuorisalone, che per certi versi è diventato negli anni più attrattivo, più interessante, più cool dell’evento principale. Già, perché il Salone coinvolge ormai tutta Milano che, nei suoi diversi Design District, accoglie da tutto il mondo migliaia di turisti, studenti, curiosi, addetti ai lavori.
E, lo sappiamo, non tutti sono appassionati soltanto di mobili e design oppure più prosaicamente di cocktail e feste all’ultimo grido. Per una settimana Milano diventa l’ombelico di un mondo creativo allargato che si è espanso a molti settori affini tra cui tecnologia, arte, food.
Ma se devo rintracciare un comun denominatore, direi che questo fiume di visitatori è alla spasmodica ricerca di esperienze.
Da qui nasce un interrogativo. Come rendere davvero rilevante un’esperienza?
Si tratta di capire che cosa sta cercando il pubblico. Quali bisogni emotivi portano a questa manifestazione? Che ricordi vogliono portare a casa? Perché sono lì?
Il primo passo che i brand devono compiere è stimolare la connessione emotiva e la creazione della memoria personale che influenzerà i partecipanti fino a molto tempo dopo la fine dell’evento.
Una interessante ricerca sulla psiche del consumatore condotta a livello Global da GMR, partner statunitense di TRO, l’experience agency internazionale del Gruppo Omnicom, ha svelato un quadro completamente nuovo per la comprensione delle emozioni umane all’interno dello spazio esperienziale e un modo più profondo, migliore, per le marche di creare connessioni che durino.
Viviamo l’epoca della Post Truth: le persone oggi sono scettiche nei confronti delle istituzioni, delle aziende, dei media e, naturalmente, del marketing. Solo il 19% dei consumatori crede a cosa noi marketer diciamo loro dei prodotti. Preferiscono ignorare i nostri messaggi e sperimentare di persona, affidarsi alle raccomandazioni di amici, familiari e influencer. Non sempre in questo ordine.
In questo scenario, il potere dell’esperienza fisica con i brand ha sempre più rilevanza. I dati sui target in nostro possesso, cui facciamo spesso riferimento, sono un aiuto, certo; ci raccontano i comportamenti dei consumatori, ciò che loro fanno, ma non ci dicono il perché. Conosciamo età, reddito, istruzione, ma sappiamo poco della ragione per cui le persone partecipano agli eventi live.
Il risultato della ricerca condotta intervistando 2.000 partecipanti ad eventi è che le esperienze dal vivo riguardano momenti umani. Più precisamente sono stati distillati 4 bisogni emotivi che ci spingono a partecipare ad un evento: appartenenza, identità, arricchimento, liberazione.
L’appartenenza riguarda la sicurezza, rinforzando una connessione con il passato o con una rete di persone che condividono un interesse comune. Si riferisce al bisogno delle persone di essere parte di qualcosa di più grande di loro.
L’identità, pur essendo legata ai bisogni interni, non può esistere in solitudine, dipende dal riconoscimento altrui.
L’arricchimento riguarda la crescita: le persone cercano cose nuove che aggiungano nuove dimensioni alla loro vita e le aiutino ad evolversi verso uno stato futuro.
La liberazione è un’esigenza interna. Liberarsi dallo stress e impegnarsi in un semplice divertimento riequilibra i nostri sistemi di reazione. È uno stato di bisogno emotivo importante e molto comune.
Di conseguenza, l’indicazione che possiamo trarne è di umanizzare il comportamento dei brand. Il fine è di arrivare al cuore delle persone che stiamo cercando di raggiungere. Dobbiamo guardarli sempre più come esseri umani e non solo come consumatori.
Questi bisogni emotivi prendono forma nelle passioni. Musica, sport, viaggi, cucina, arte, ecc. ne sono l’espressione. E dal punto di vista del marketing le passioni costituiscono il terreno di incontro tra pubblico e brand.
C’è però da considerare un altro elemento sempre più rilevante: il valore dei ricordi.
Ognuno di noi è naturalmente portato a raccogliere ricordi. I ricordi sono chi siamo. Quindi, quando le persone partecipano a un evento, non stanno soltanto cercando di soddisfare i bisogni di cui sopra. Stanno costruendo ricordi. Ovvero la durata dell’emozione potrebbe durare per molti anni, a volte per una vita! E dal momento che per il 72% dei partecipanti ad un evento è importante vedere, sentire, toccare e sperimentare personalmente, è naturale che queste esperienze catturino l’attenzione e migliorino il processo di memoria. E’ quindi facile comprendere il perché i brand si stiano muovendo in questa direzione per creare esperienze di marca sostenibili nel tempo.
I brand che al Fuorisalone si stanno dimostrando capaci di intercettare i bisogni emotivi del pubblico, di alimentare le sue passioni e -di conseguenza- di costruire ricordi duraturi, sono quelli che stanno gettando le basi per una relazione di marca davvero autentica e sostenibile nel tempo.
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